Il Paese delle sedie a dondolo

Dal 25 ottobre al 23 novembre 2007

di Carlo Camarotto

Strada acciottolata
Signore cubano
La Sierra di Escambray
Il Salto del Caburni
Plaza Mayor
Trinidad e la Sierra
La nostra Casa Particular

Tappa numero 2, Dal 28 ottobre al 2 novembre 2007

Trinidad
Cuba_2

Domenica 28 ottobre – Arrivo a Trinidad

È quasi sera quando giungiamo a Trinidad. La città ci accoglie con belle strade acciottolate e la stessa architettura coloniale vista nel centro di Cienfuegos. Oltre i finestrini della corriera vediamo impressi su un foglio di carta i nostri nomi, merito di una telefonata di Celestino. La casa particular sembra un po’ fuori mano rispetto al centro storico, ma la camera da letto è ottima e sul retro si apre uno splendido giardinetto, con un gazebo di legno sotto cui è piacevolissimo riposare. Ci dormiamo però solo io e Sebastiano, perché Giovanni è stato dirottato in un’altra casa lì vicino, anch’essa comunque molto confortevole.

La casa è fornita di numerose sedie a dondolo, alcune di una comodità impensabile. Attendiamo la cena seduti sotto il gazebo, notando che la serata sembra farsi d’improvviso fresca e ventilata. La padrona di casa ci conferma che è in arrivo su Cuba una depressione ciclonica tropicale, nulla di pericoloso per la mancanza di venti forti, ma con tanta acqua da scaricare a terra. Sono tutti in attesa di sapere se la depressione correrà lungo la costa nord o quella sud.

Il figlio della padrona, Ceville, è una fonte preziosa d’informazioni, che ci fornisce servendoci nel contempo degli ottimi piatti di gamberetti. Vorremmo seguire subito le sue indicazioni, ma non appena finiamo di mangiare ci assale il solito abbiocco che ci consiglia di buttarci sul letto. Questa volta solo io e Giovanni riusciamo a destarci, mentre Sebastiano preferisce rimanere a dormire. È quasi mezzanotte quando saliamo le strette strade che conducono a Plaza Mayor. Tutte le sere è possibile ascoltare musica dal vivo sulla scalinata che parte da un angolo della piazza, sopra la quale si trova la Casa della Musica, una discoteca moderna a cielo aperto.

Arriviamo lì che è ormai troppo tardi per la musica dal vivo. Alcune coppie continuano però a ballare con passione la musica salsa che esce da alcune casse poste nelle vicinanze. Seduti sugli scalini ci sono vari stranieri e cubani, in una miscela che pare equilibrata. Alcuni jineteros provano ad attaccare bottone, ma c’è da stare tutto sommato tranquilli. La Casa della Musica è invece piena di belle ragazze in cerca dello straniero. La ribattezziamo subito la “Tana dei Leoni”. Dobbiamo più volte declinare inviti a ballare, ma sono soprattutto gli sguardi continui di cui siamo fatti carico a dimostrarci quanto il fenomeno delle jineteras sia diffuso. Ritorniamo comunque a casa contenti della serata, forse con qualche bicchiere di mojito di troppo in corpo.

Lunedì 29 ottobre – Playa Ancun

Sono a pezzi, altroché qualche bicchiere di troppo. Lo stomaco è solo un po’ sotto sopra, ma è la testa a dolermi un sacco. Anche Joe pare nelle mie condizioni, mentre Sebastiano è fastidiosamente riposato.

Visto che il tempo potrebbe cambiare già da domani, si opta per una giornata di mare. La meta è Playa Ancun, a poco più di dieci chilometri dalla città, una bella striscia di sabbia bianca frequentata in pari misura da stranieri e cubani. I visitatori non sono comunque molti e si disperdono lungo tutto la spiaggia. Alcuni alberi crescono molto vicini alla riva e fungono da ombrelloni naturali. Cado praticamente a peso morto sull’asciugamano in uno di questi spazi ombrosi, sperando di riprendermi dai bagordi notturni. L’acqua appare cristallina ma mi giunge all’orecchio che è infestata dalle meduse (agua mala in cubano). Anche per questo la mia decisione di rimanere steso all’ombra dell’albero non è nemmeno messa in discussione.

Una bella ragazza dalla carnagione chiara e lunghi capelli fulvi inizia a girare nei nostri paraggi. Inizialmente è sola, ma dopo poco riappare in compagnia di due ragazze bionde. Sistemate all’ombra dell’albero dietro il nostro, non ci mettono molto a trovare un pretesto per iniziare a parlarci. Quello che trovano però è un muro di indifferenza (quasi scortesia) dovuto sia allo stato post sbronza mio e di Joe, sia a quella diffidenza che cominciamo a provare verso le ragazze cubane. Mentre le bionde si mantengono un po’ in disparte, la rossa è una ragazza ciarliera che non si perde d’animo. In un modo o nell’altro riesce sedersi accanto a noi ed a parlare a tutto spiano. È in realtà molto simpatica, oltre che carina, e la sua compagnia non è affatto spiacevole. Con il tempo però viene fuori, anche solo indirettamente, che per la serata dovrebbe ritornare a casa, ad oltre ottanta chilometri da Trinidad, ma se qualcuno le pagasse una casa sarebbe felicissima di poter restare. In seguito al nostro continuo mancato recepimento della richiesta, alla tipa non resta che alzare bandiera bianca, allontanarsi e cercare qualcun altro disposto ad aiutarla.

Alle quattro e mezza c’è ad aspettarci a fianco del mostruoso Hotel Ancun, uno scempio architettonico che inquina il bel colpo d’occhio che la spiaggia omonima offre, il tassista che al costo di  2 CUC per persona ti riporta fino a Trinidad.

Ritroviamo la città piena di vita, una vita però tranquilla, con le persone che si muovono ancora con la mente incentrata al presente, all’attimo vissuto. Trinidad mi ricorda Antigua e Humahuaca, due città a cui sono molto legato. Anche per questo passeggiare tra le case multicolori, i sensi invasi da suoni e gli odori tipicamente tropicali, è un piacere unico. Veniamo avvicinati solo saltuariamente da alcuni procacciatori d’affari, tutti però estremamente rispettosi, pronti ad allontanarsi ad un minimo cenno di fastidio.

La signora della casa continua ad essere una buona fonte d’informazioni riguardo la situazione meteo. A est piove già molto, mentre qui la pioggia dovrebbe giungere nel pomeriggio di domani. Dopo cena usciamo senza aver prima incontrato il letto, anche se una certa stanchezza permane. Sulla scalinata c’è molta gente. Molti ballano la musica dal vivo, tanti altri rimangono a chiacchierare e bere sugli scalini. Dopo la musica dal vivo, o meglio alternata a questa, va in scena uno spettacolo di un gruppo di ragazzi aspiranti fachiri, con braci ardenti su cui camminare, vetri da mangiare, fuoco da passare sulla pelle. Rimaniamo lì fino a circa mezzanotte e mezza, poi torniamo a casa, solo il tempo di aver bellamente ignorato due cugine di Camagüey che avevamo conosciuto la sera precedente. Le più carina delle due, che ha fatto il filo a Giovanni per tutta la serata, ci ha tolto così totalmente il saluto.

Martedì 30 ottobre – Salto del Caburni

Un vento molto forte ha spazzato gli alberi del giardino per tutta la notte, con alcune raffiche davvero impressionanti. Sono le propaggini più esterne della depressione che sta colpendo le regioni orientali di Cuba, scaricando a terra, almeno secondo quello che dice la televisione, davvero molta acqua. Al risveglio ci attende comunque un cielo sereno, quasi privo di nubi. Non facciamo però in tempo a fare colazione che inizia a cadere una pioggia finissima, scaricata lì da nubi grigie che corrono rapide nel cielo. Come sono arrivate, infatti, poi spariscono. Questa alternanza tra sole e pioggia continuerà per tutta la mattinata, creando un’umidità talmente elevata da farci credere di essere all’interno di una sauna.

Ugualmente vogliamo dedicare la giornata alla Sierra di Escambray, già dal mattino avvolta da nubi scure e minacciose. Per arrivare al Salto del Caburni, la meta prefissata, è possibile affidarsi ad un tour organizzato dalla Cubatour (costo 29 CUC con pranzo, entrata al parco e guida), oppure contrattare un viaggio privato con uno dei tanti tassisti fermi ad aspettare in Calle José Martì. Alla fine optiamo per la seconda possibilità, anche perché usciamo di casa troppo tardi per affidarci al tour organizzato, e riusciamo a strappare un viaggio fino all’ingresso del parco a Topes de Collantes per 30 CUC. L’entrata al parco costa 6,5 CUC, compreso un succo di frutta da gustare pochi metri dopo l’ingresso in un gazebo detto El Gallo, per la passione per i combattimenti di galli del suo padrone.

La strada per Topes de Collantes parte subito in salita pochi chilometri fuori Trinidad, una strada che s’inerpica su montagne verdissime con pendenze molto elevate, tanto che la macchina ha qualche difficoltà ad andare avanti. Salendo, la piana che ci lasciamo alle spalle si evidenzia in tutta la sua bellezza, un perfetto rapporto tra il verde immacolato dell’isola e il blu intenso del mare, il tutto a proteggere il brillante bianco della città. Il panorama si può godere ampiamente da un mirador posto in cima alla prima serie di vette della Sierra. Le nuvole, sempre più fitte alle nostre spalle, ci lasciano cadere addosso la solita pioggia finissima, ma ci lasciano almeno libero lo sguardo verso la costa. Verso l’interno della Sierra, invece, coprono davvero tutto, lasciando poche speranze alla nostra voglia di sole.

Giungiamo a Topes de Collantes poco dopo, un piccolo paesino montano asserragliato dalla pioggia e dalle nubi. La temperatura è ancora elevata, ma l’acqua che cade dal cielo in gocce fini è tanta. Il sentiero, una lingua di terra rossa che taglia in due la densa foresta tropicale, è infatti un pantano scivoloso in cui è difficoltoso camminare. Dando per scontato che ci riempiremo di fango, il problema è appunto riuscire a rimanere in piedi, un’ardua impresa che richiede la massima concentrazione. Ugualmente la camminata è piacevolissima, così immersa in un ambiente naturale che appare quasi intatto. Siamo circondati da montagne ammantate da un verde profondo, complesso, che contrasta vivamente con la terra rosso-arancio che c’insozza le scarpe. Le nuvole corrono in cielo velocemente, tanto che a tratti scompaiono del tutto, lasciandoci scaldare da un sole soffocante.

Nei pressi del Salto del Caburni incontriamo altri escursionisti, tutti turisti, la maggior parte lì con il tour organizzato. La parte alta delle cascate è costituita da una tavolozza di colori caldi impressi sulla parete che cade da una cinquantina di metri sopra di noi. Da lassù scivola lungo una serie di rocce arrotondate un rivolo d’acqua che più a valle da vita a qualche pozza, dove è possibile fare il bagno. Quando vi giungiamo, gli ultimi turisti se ne stanno andando, lasciandoci soli con il fragore delle acque ed il volo di qualche colibrì. Al momento di tornare sui nostri passi, il percorso in salita (l’andata è per lo più in discesa) si fa meno insidioso, ma più faticoso, anche a causa di una pioggia sempre più intensa. A tratti un vento forte spazzola la foresta, fornendoci un’idea di cosa sia una tormenta tropicale ai Caraibi. Quando torniamo a Topes de Collantes siamo tutti e tre lavati dalla testa ai piedi, con in più le scarpe completamente impantanate. Ad essere leggero e solo l’animo, risollevato dalla camminata.

Per cena vogliamo provare un paladar, una casa privata attrezzata per preparare pasti agli stranieri. Camminando per le strade di Trinidad, soprattutto nei pressi di Plaza Mayor, si viene avvicinati da molti procacciatori d’affari che promuovono qualche paladar nelle vicinanze. Solitamente sono tutti affabili e per nulla insistenti, con cui può essere piacevole chiacchierare. I costi di un pasto, con bevande escluse, variano da 6 a 8 CUC, a seconda di cosa si chiede (il piatto più caro è sempre l’aragosta).

Girovagando un po’ a caso per le vie del casco historico scopriamo un locale specializzato nella produzione della canchancera, un aperitivo fatto con aguardiente, miele e limone. Sembra leggera, perché molto dolce, ma l’immediato stordimento che produce indica tutto il contrario. Mentre ci gustiamo la bevanda, il percussionista del complesso musicale che sta suonando all’ingresso si siede in parte noi ed iniziamo a chiacchierare. È la prima persona con cui scambiamo qualche parola (esclusi chi lo fa per lavoro) che non manifesti immediati doppi fini. Infatti, dopo qualche minuto, ci saluta e torna a suonare. Prima di cena torniamo un attimo alla casa particular per avere nuove informazioni sul meteo e poi dritti al paladar di una tipa simpatica conosciuta la sera precedente.

Da lì la serata non può che condurre alla scalinata, dove al solito gruppo che suona la salsa, s’intervalla uno spettacolo di musica africana. Con il tempo la scalinata si riempie di persone ed in parte a noi si siedono le due cugine conosciute domenica. Visto che il giorno precedente non le avevamo salutate, i loro modi sono piuttosto freddi. Ugualmente abbiamo qualche scambio di parole prima sulla scala, poi alla Casa della Musica. Il locale è però abbastanza vuoto e la continua presenza di alcuni poliziotti fa sì che nessuno venga ad importunarci. Ieneise, una delle due cugine, sempre spaventata per la presenza dei poliziotti, mi avverte che per poter chiacchierare con me avrebbe bisogno di un permesso. Questo aspetto della Revolucion mi appare assurdo, ma ciò che più dispiace è la conseguente ghettizzazione dello straniero. Passo la quasi totalità delle due ore alla Casa della Musica ballando da solo.

Mercoledì 31 ottobre – Trinidad

Il cielo è interamente coperto. Nubi plumbee lasciano cadere a terra la solita pioggia finissima. Le previsioni dicono che la depressione si muove molto lentamente, stazionando nelle regioni orientali. Laggiù l’acqua cade copiosa e non ha senso partire per andare dritti nella bocca del ciclone. Molte città importanti hanno le comunicazioni interrotte. Tra queste, Baracoa sembra quella messa peggio. Mentre siamo in procinto di gustarci la solita abbondante colazione, decidiamo di rimandare la partenza a venerdì.

Seba e Joe sono indecisi su come riempire la giornata, ma alla fine scelgono di andare ancora a Playa Ancun. Io ho un appuntamento in mattinata in Plaza Mayor con Ieneise. La sera precedente le ho chiesto di farmi da insegnante di salsa. Non me ne voglia Caterina (la mia ragazza), con la quale mi sono rifiutato di ballare per oltre un anno, ma vedere muoversi i cubani, così carichi di sensualità esplosiva, mi ha fatto venire nuovamente voglia d’imparare.

Ieneise ha si accettato la proposta, ma ho subito notato che non pareva molta convinta. Infatti rimango ad aspettarla invano fino a mezzogiorno, poi inizio a girare per la città. Mi accorgo immediatamente che questo vagare solitario mi mancava. Da troppo tempo non ne assaporavo il piacere. C’è molto d’ammirare tra le stradine di massi che s’inerpicano sul colle sul quale è sorta Trinidad. A lato di un fondo stradale in cui anche camminare è difficoltoso, si dispongono in file continue case coloniali vivacemente colorate, con inferiate bianche a coprire le ampie finestre. Su queste si affacciano spesso delle persone, normalmente anziane, con lo sguardo perso in un tempo che fu, ma alle volte anche donne più giovani e bambini. Ammirandoli dalla strada, sembrano tutti carcerati dallo sguardo curioso.

Le case più belle (perché accuratamente restaurate) sono le casas particulares, le prime ad aver avuto denaro contante a disposizione. Molte delle altre, soprattutto nelle stradine laterali della città vecchia e in quella nuova, sono un po’ trasandate, ma mantengono ancora un certo fascino. Mi piace questa particolare disposizione architettonica, che fa in modo che sulla strada le case si affaccino al massimo per la larghezza di una porta ed una finestra, per poi svilupparsi in lungo fino a sfociare in un giardino pieno di luce. In un isolato, i giardini delle case sono così gli uni appressati agli altri, a formare un grande spazio verde diviso da recinti di canne e mattoni. È piacevole passare di fronte ad una porta aperta e guardare dentro, fin dove si spinge lo sguardo. Carpire fugaci immagini di sedie a dondolo, vari suppellettili, letti disfatti, piante in vaso, giardini ben curati.

Camminando così a caso, vengo spesso accostato da qualche procacciatore d’affari. La tranquillità interiore che mi pervade è tale che vedo nel parlarci solo una possibilità di conoscere qualcosa, senza badare minimamente al fastidio che questi continui assalti possono trasmettermi. Mi lascio così coinvolgere dalle chiacchiere, dalle strette di mano, dagli sguardi sorridenti, dalle allusioni più o meno esplicite delle tante ragazze che m’incrociano. Vagando senza meta riesco a scoprire angoli di Trinidad sempre più suggestivi, aumentando così a dismisura il piacere estetico che questa giornata mi sta offrendo.

Girata a sufficienza la città vecchia, scendo il colle e mi ritrovo in piazza Cespedes. Le panchine sembrano un buon posto dove iniziare a scrivere, anche perché coperte da un tetto di rampicanti che protegge sia dalla pioggia sia dal sole. Aver dormito poco negli ultimi giorni ha i suoi effetti, difatti rischio di addormentarmi lì sulla panchina. Decido così di fare una dormita sul letto comodo della casa particular. Quando riprende il giro mi sento di nuovo frizzante, vivo, completamente a mio agio anche tra i tanti jineteros. Dopo poco incrocio Ieneise, che si scusa tantissimo per la mattina, ma si era svegliata tardi ed era arrivata all’appuntamento con un’ora di ritardo. Lasciata l’amica tirapacchi mi ritrovo ad aver voglia di qualcosa da bere.

In mattinata avevo visto un posto carino vicino a Plaza Mayor. Lo ritrovo con al suo interno un cantautore della Nuova Trova. Mi siedo ad un tavolo, proprio al suo fianco, ed ascolto la musica mentre scrivo e bevo prima un daiquiri e poi un ron ponch. Non posso che definire quest’ora passata in compagnia della musica della Trova come sublime, un “quadro” che sognavo di vivere già dall’Italia. Quando m’incammino per tornare alla casa sono già le sei ed il cielo è tinto dei colori del tramonto.

Joe e Seba rincasano sul tardi, quando manca poco alla cena. Il giardinetto della casa è sempre un posto molto piacevole dove sedersi a scrivere, o anche solo per riposarsi su una delle tante sedie a dondolo sotto il gazebo. Per cena il figlio della padrona ci ha preparato un piatto di filetto di pesce molto gustoso. Finora i suoi piatti sono risultati i più ricchi e vari. Purtroppo cenare nella casa particular fa perdere quell’atmosfera di piacevole confusione che un luogo pubblico offre, insieme alla possibilità di scambiare qualche chiacchiera con nuove persone.

Dopo cena ci coglie nuovamente l’abbiocco postprandiale e quando è ora di uscire Sebastiano si fa nuovamente attirare maggiormente dal letto. Usciamo solo io e Joe, o meglio, io ed una controfigura spenta di Joe. Alla scalinata, tra musiche e spettacoli, ci godiamo la vista della gente che balla e chiacchiera. Incontro nuovamente Ieneise che rilancia per incontrarsi l’indomani. Riesco a scambiarci solo poche parole perché una macchina della polizia staziona fissa alla base delle scale. Tutte le ragazze sembrano impaurite, mentre noto che i ragazzi cubani continuano a chiacchierare allegramente con le straniere. O il trattamento della polizia è più duro nei confronti delle ragazze, oppure, almeno in parte, la presenza della polizia è solo una scusa per tenerti a distanza quando non servi. Propendo comunque per la prima soluzione.

Sulla scalinata ci sono anche alcune spagnole piuttosto carine. Purtroppo quando ci decidiamo a conoscerle, una di loro comincia a stare molto male. La vediamo barcollare giù per le scale, sostenuta da una delle amiche. Bevuto troppo. A quel punto anche noi decidiamo di tornare alla casa, poco attirati da una nuova serata nella Tana dei Leoni. Ieneise cerca con poca convinzione di farmi restare. L’ultimo saluto per ricordarmi che alle dieci sarà in piazza per insegnarmi a ballare.

Giovedì 01 novembre – Ancora Trinidad

Anche senza avventurarsi in locali, siamo andati a letto ugualmente tardi, verso le due. Trinidad continua ad avvolgermi con la sua bellezza e le sue possibilità, ma comincia essere dura dormire così poche ore per notte.

Vicino a Plaza Mayor c’è un mercatino di prodotti artigianali, tra cui maschere lignee, tovaglie finemente ricamate, varie iconografie del Che e fantasiose collane fatte con semi. Giovanni vuole vederlo e si trascina dietro Sebastiano. Io vado con loro, interrompendo il giro giusto il tempo di passare per la piazza per vedere se c’è Ieneise. Non la trovo e della cosa non mi stupisco.

Girare per il mercato è piacevole, come chiacchierare con i venditori che non si lasciano sfuggire un’occasione per convincerti a comprare qualcosa. Ormai la presenza dei procacciatori d’affari non mi infastidisce più. Dal mercato ci trasferiamo al Museo di Storia, un bel edificio coloniale poco a sud della piazza conosciuto come Casa Cantero. Solo il grande chiostro centrale è stato restaurato, restituendo all’umanità le originali pareti bianche e gialle. Di per sé il museo non presenta nulla di attraente, l’unico motivo per cui entriamo (1 CUC) è per raggiungere la terrazza della grande torre. Salendo scale sempre più ripide, si giunge in questa terrazza da cui è possibile godere di una superba visuale della città, con lo sguardo che vaga dai tetti marroni delle case al verde delle montagne della Sierra, dal giallo dei campanili delle chiese al blu del mare. C’è da rimanere estasiati.

Dal casco historico ci spostiamo poi verso l’area nuova incentrata su Parque Cespedes, dove ci godiamo un daiquiri ammirando la vita che ferve per la strada. Così giungiamo alle prime ore del pomeriggio, con un cielo che si fa sempre meno ingombro di nubi. Per completare la giornata Playa Ancun ci pare un buon posto. Mattina dedicata alla visita culturale della città, pomeriggio al relax in spiaggia.

Devo dire che Playa Ancun, pur piacendomi come spiaggia, mi trasmette veramente poco di Cuba. È un’estensione del mondo occidentale che mi lascia indifferente. Quasi mi sento un estraneo tra questa sabbia, questo sole e questo mare. Di veramente bello c’è solo il tramonto che mi godo mentre gioco una partita a beach volley contro due tedeschi.

Per cena premo per uscire, più per voglia di vedere gente nuova che per mangiare qualcosa di più buono di quello che ci può offrire la casa. Per cena proviamo l’aragosta e i camarones, tanto per continuare la dieta a base di pesce che abbiamo iniziato dal primo giorno a Cuba. Tutto molto buono, a conferma che anche nei paladar si mangia piuttosto bene.

Il dopo cena ci riporta verso Plaza Mayor e la scalinata. Lì vicino ci sono anche la Casa della Trova ed un altro locale che mette in scena musica dal vivo (in entrambi l’entrata costa 1 CUC). Puntiamo su quest’ultimo, tanto per variare l’usuale costume. Il tempo di assistere ad uno spettacolo di ballo tradizionale cubano e di bere qualcosa che siamo di nuovo in procinto di salire le scalinate. Cominciamo ad essere ormai di casa, perché scambiamo saluti con tanti altri avventori. Tra questi il saluto più bello giunge dall’altra parte della scalinata, dove Ieneise si sbraccia a più non posso e mi sorride. Mi chiede perché le ho tirato pacco, un po’ rattristata. È rimasta seduta ad aspettarmi per buona parte della mattinata. Questa volta tocca a me sorridere e chiedere scusa.

Per concludere degnamente la nostra esperienza in città, entriamo tutti e tre nella Tana dei Leoni. Non essendoci aria di polizia, subiamo ripetuti attacchi, ma riusciamo, grazie ad una giusta dose di decisione, a scansare tutti pericoli. Alla fine andiamo tutti e tre a letto piuttosto tardi, un buon modo per salutare la bella vita notturna di Trinidad.