Tappa numero 5, Dal 24 al 26 febbraio 2004
Martedì 24 febbraio - In due ad Akaroa
Abbiamo ancora sonno, quindi torniamo a dormire nello stesso posto di prima. La scelta è più che azzeccata perché passano pochissime macchine ed un filare di alberi ci ripara dal primo sole mattutino.
Il cielo è limpido e la giornata si annuncia calda. Decidiamo di abbandonare l’area di Christchurch per Akaroa, la cittadina francese al centro della Banks Peninsula: nessuno dei due ha la patente e dobbiamo evitare i luoghi più frequentati dalla polizia ("dobbiamo essere invisibili").
La strada per Akaroa si snoda lungo vie che serpeggiano tra colline pascolive spazzate dal vento. Ci fermiamo a metà viaggio in un punto di ristoro direttamente sulla strada, e la sensazione di essere "on the road" in un qualche paese desolato è fortissima.
Siamo un po’ smarriti noi stessi per la mancanza ancora viva del terzo compagno, ma il piacere di essere agli antipodi è assolutamente intatto, così come la curiosità che ci spinge ad andare oltre ogni svolta.
Mentre ci avviciniamo alla meta il tempo inizia a peggiorare e nubi grigie appaiono all’orizzonte cariche di pioggia. Percorriamo la strada con tutta la calma che la nostra invisibilità ci impone e raggiungiamo Akaroa dopo un’ora e mezza.
Dovrebbe essere una cittadina particolare perché di origine francese e non inglese. La differenza non mi pare evidentissima, a parte i nomi delle vie e la presenza di cafè chiaramente transalpini. L’atmosfera è comunque di quelle un po’ fuori dal tempo, calma, quasi sonnecchiante, maggiormente in sintonia con l’ambiente naturale che la circonda.
Cerchiamo un posto per dormire e ci pare subito evidente che non sarà una cosa semplice. Dopo tre consecutivi rifiuti in centro, puntiamo ad un lodge perso qualche chilometro verso l’entroterra: anche qui è tutto occupato. Il posto però ci piace tantissimo, inserito in armonia in un paesaggio bucolico-montano in cui si respira un’aria pulita e rigenerante (Mt Vernon Lodge). Le unità abitative sono isolate, disposte ad una certa distanza sulla collina, protette alla spalle da un folto bosco di pini. La più grande, come le altre interamente in legno, ospita sei stanze ed una vasta cucina con lounge annesso. La sala ritrovo è molto carina, con un caminetto infossato nel centro circondato da morbidi sofà. Le stanze hanno tutte il soppalco ed un bagno.
Il posto ci piace veramente un sacco, così prenotiamo per il giorno seguente e la notte la passeremo nuovamente in macchina. Il sole che sta nuovamente uscendo in cielo ci consiglia di distenderci sul prato a prendere un po’ del suo calore.
Tornati più tardi in paese, non potevamo non lasciarci attirare da uno dei tanti cafè francesi che l’hanno reso celebre. Akaroa ha un’atmosfera in cui lasciarsi scivolare con una tazza in mano, seduto su una sedia di ferro battuto in mezzo ad un giardino profumato di piante in fiore.
Per scegliere dove dormire ci lasciamo trasportare fuori dal paese, vagando a caso tra le scure colline prive di lampioni. Dopo un po’ di giri, riusciamo finalmente a trovare uno spiazzo ai lati della strada che sembra fare al caso nostro. Il cielo è magnifico, con la via lattea che risalta nitida in tutto il suo splendore e migliaia di stelle che luccicano ammiccanti nel profondo blu. Prima di addormentarmi riesco a vedere anche tre stelle cadenti, con grossa invidia di Giovanni che guarda sempre dal lato sbagliato.
Mercoledì 25 febbraio - Banks Peninsula
Durante la notte il vento aumenta di intensità fino a raggiungere punte quasi allarmanti. Il suo ruggito ci accompagna senza soluzione di continuità fino alle prime luci dell’alba e la sua zampata smuove più volte la macchina. La maggior preoccupazione è che qualche ramo degli alberi che ci proteggono si stacchi piombandoci addosso. Al mattino, comunque, siamo ancora integri, anche se fuori il vento non è affatto diminuito.
Grazie alla luce scopriamo di essere all’ingresso di un piccolo giardino botanico che si sviluppa sulla collina e sui suoi primi declivi. Gironzoliamo assonnati tra le svariate piante, purtroppo trascuratissime, cercando almeno una piccola protezione dal vento. Dopo poco preferisco tornare alla calda sicurezza della macchina, mentre Giovanni si spinge sino ad un piccolo totem maori in cima alla collina. Alla base c’è scritto: God of the wind (guarda il caso).
Tornati in paese, e riassaporata per un attimo la sua tipica atmosfera retrò al Cafè Paris, è venuta l’ora di prendere possesso dei letti al Mt Vernon Lodge. La giornata, anche se ancora ventosa, si sta rivelando splendida. Le nuvole sono poche ed isolate; si rincorrono talmente veloci nel cielo che non possono che coprire il sole per pochi attimi. Io seduto su uno sdraio della veranda, Joe disteso sulla fresca erba antistante la stessa, ce lo godiamo pienamente, fino a pomeriggio avanzato.
Poi ci vestiamo con gli indumenti da trekking, cioè gli stessi di sempre, e partiamo alla scoperta delle montagne che sovrastano Akaroa. Passeggiamo dapprima a casaccio, poi seguendo i chiari cartelli che indicano i sentieri che si inerpicano verso sud. Lasciato il bosco di pini, ci addentriamo nei pascoli, dominio incontrastato delle pecore. Le montagne, seppur prive di formazioni arboree, sono belle e selvagge.
Arriviamo fino al punto più alto della zona: da qui lo sguardo può spaziare per trecentosessanta gradi sull’oceano e su buona parte della Banks Peninsula. Quando ci giungiamo si è fatto purtroppo tardi, quindi dobbiamo tornare rapidi sui nostri passi per non farci sorprendere dal buio.
Ci prepariamo la cena direttamente all’ostello, nell’ampia sala comune che per metà è, appunto, una cucina e l’altra il lounge precedentemente descritto. Mentre cuciniamo, ci sono altre quattro persone che chiacchierano tra loro intorno al fuoco, che permette di tenere la fresca sera fuori dalle grandi vetrate. Ora che finiamo, se ne sono andati tutti a dormire, lasciandoci soli.
All’esterno la notte è tranquilla e siamo avvolti da una pace rigenerante. Ci accoccoliamo sui divani intorno al fuoco e, tra chi scrive e chi legge, ci godiamo appieno questo attimo di puro contatto con noi stessi.
Giovedì 26 febbraio - Addio a Mo’
Al risveglio troviamo una giornata soleggiata e dall’aria frizzante. Alcuni cavalli pascolano placidi nel prato antistante le stanze e sembrano darci il benvenuto al nuovo giorno. Prepararsi e gustarsi la colazione in un simile scenario è un piacere sublime.
Dopo il relax, però, arriva il momento di riportare Mo’ (affettuoso nomignolo affibbiato alla macchina in onore di Moran) a Christchurch. Diciamo così addio ad Akaroa e alla sua bella atmosfera.
Christchurch ci accoglie subito con il traffico: in poco meno di due ore siamo già tornati al XXI secolo. Riusciamo a trovare una sistemazione all’ostello Stonehurst Backpackers, vicino Latimer Square, ma dobbiamo lasciare una caparre di 100 $ e ritornarci nel pomeriggio per prendere possesso dei letti.
La consegna della macchina è solo una formalità e tutte le preoccupazioni per non avere uno straccio di patente si dissolvono nell’aria calda di questo giovedì mattina.
Prima di ritornare in ostello, assistiamo in Latimer Square, uno dei tanti spazi verdi della città, ad una partita di touch-rugby (una versione del rugby senza contatto fisico) tra amici. Capisco perché la Nuova Zelanda eccelle in questo sport: lo giocano tutti, dai bambini alle ragazze. Ovunque ci sia uno spazio verde sufficiente per correre, c’è sempre qualcuno intento a giocarlo.
Quando viene il momento di visitare più approfonditamente la città, ci rendiamo entrambi conto che questa è una giornata irrimediabilmente transitoria: nessuno dei due ha voglia di fare alcunché. Saranno le fatiche fisiche e mentali accumulate nei primi venti giorni di viaggio, sarà che Christchurch non ci attrae poi molto, ma siamo entrambi svogliati.
Vaghiamo inizialmente come dei sonnambuli per la piazza principale, su cui si affaccia una bella cattedrale, per poi puntare, dopo aver prenotato due posti sul treno per Greymouth (il famoso TranzAlpine) ed un posto dove dormire lì la notte (cominciamo ad essere previdenti), alla vecchia sede universitaria, un insieme di istituti "old england", ora sede di svariati musei e negozi d’artigianato. A pochi passi da lì si trova un bel giardino botanico con splendidi esemplari arborei e parecchi prati che ti invogliano a distendercisi sopra.
Appena il sole è calato, la temperatura si è abbassata di parecchio, cogliendoci un po’ impreparati. Per le strade il movimento era poi minimo, quindi il ritorno all’ostello è stato quasi necessario.
Qui invece ferveva una bella vitalità, sia nella sala comune interna che nel piccolo giardinetto esterno. Ci siamo lasciati coinvolgere fino all’ora di andare a dormire.